giovedì 11 luglio 2013

Le radici cristiane, antidoti alla "globalizzazione dell'indifferenza"

Riporto qui un mio commento pubblicato il 9 luglio 2013 sul sito Da Porta Sant'Anna:


La visita di Papa Francesco a Lampedusa porta sicuramente ad interrogarci, soprattutto per quella frase, “la globalizzazione dell’indifferenza”, che fotografa perfettamente quello che sta accadendo nel nostro mondo, e non solo a Lampedusa. Infatti, a dispetto di quanti hanno interpretato il discorso del Papa come un discorso politico rivolto allo Stato italiano, quelle parole andavano più in là, abbracciare tutto il pianeta. Lo dice il termine stesso, la globalizzazione riguarda chiunque, al giorno d’oggi.

Possiamo infatti includere nel discorso del pontefice la notizia della scorsa settimana (trattata dai nostri giornali nazionali come di una notizia di costume), che in Cina sia stata approvata una legge per “l’amore filiale”. Questo per venire incontro all’emergenza, che si espanderà nei prossimi anni (e che evidentemente è già di proporzioni problematiche, visto che sono stati costretti a farci su una legge), dell’abbandono e il maltrattamento degli anziani. Esattamente come è avvenuto in Cina, dove con la crescita economica e il regime comunista sono stati spazzati via secoli di etica confuciana, può accadere da qualsiasi altra parte del mondo; ed ecco che si ritorna presto alla “globalizzazione dell’indifferenza” di Papa Francesco.

Che c’entra tutto ciò con i cattolici? C’entra eccome, perché non ci rendiamo più conto, ormai, che se in Europa e in Italia esiste un certo tipo di welfare lo si deve alle nostre radici cristiane, o meglio, cattoliche; che gli ospedali, i ricoveri per gli anziani, sono stati inventati dai tanto vituperati preti. Così come l’oratorio, dove mandiamo i nostri figli a giocare dopo la scuola anche se non siamo credenti perché “è meglio lì che in mezzo alla strada”, lo ha inventato un certo san Filippo Neri.

Ma tutto ciò si sta perdendo, purtroppo, anche per i Paesi che hanno radici cristiane. Il cambio sta avvenendo nel cuore dei cittadini, che provano sempre meno quel sentimento di assistenza verso l’altro, quando è in difficoltà.

Di tutto ciò gli Stati non si rendono conto, o fanno finta di non accorgersene. Invece di essere riconoscenti a queste radici, integrandole tranquillamente nella vita quotidiana, si cerca di metterle da parte, di cancellarle, di dare a tutto un aspetto “laico”. Il che va anche bene, salvo che poi, quando tutto diventa laico e quindi non si risponde più a una chiamata “interna” del dovere dell’assistenza verso l’altro, si deve supplire con le leggi, con l’obbligo da parte di un ente superiore come lo Stato. Per utilizzare una metafora, è come comprare un’anguria con la polpa marcia, salvo poi lamentarsi se il fruttivendolo non ce la vende con la buccia bella lucida.

La domanda quindi resta questa: dove andranno a finire queste nostre radici in Italia e in Europa? Cercheremo di conservarle o faremo la fine della Cina, dove ci sarà una legge che ci imporrà che dobbiamo amare gli altri e come li dobbiamo amare? Sceglieremo anche noi di cedere i nostri valori all’indifferenza globale?

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