giovedì 27 marzo 2014

DeoSpace, non era meglio aspettare?

La notizia è di due giorni fa, anche se i media cattolici (figurarsi quelli laici) non vi hanno dato particolare peso. La pontificia commissione delle comunicazioni sociali del Vaticano ha lanciato DeoSpace, un social network cattolico che avrebbe la pretesa di riunire i cattolici di tutto il mondo attraverso uno dei linguaggi più moderni, quello della condivisione di immagini e di messaggi multimediali.

DeoSpace è stato voluto dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, coordinatore del Consiglio di consulenza dei Cardinali e da Kevin Farrell, vescovo di Dallas. Il direttore generale è Mario Cappello, presidente dell'Institute for World Evangelization. Una buona notizia, che mi ha subito incuriosito e fatto iscrivere a questo nuovo sito, disponibile in inglese italiano e spagnolo e al quale si può accedere anche attraverso il proprio account Facebook e Twitter. 

Ma i problemi si evidenziano già al momento del primo accesso: la grafica, infatti, non è delle più accattivanti e più vicina a un sito degli anni Novanta che a un social network contemporaneo. Anche l'utilizzo ricorda più una chat aperta di qualche anno fa rispetto a un social network: infatti si possono vedere gli utenti online, i loro profili, le loro foto. Dai social network sono stati mutuati le amicizie (anche queste visibili), i gruppi, le persone che potresti conoscere e i poke. Ovviamente tutto declinato in senso cattolico, tanto che quando si riceve un poke il destinatario riceve un messaggio in cui viene informato che una determinata persona ha pregato per te. Rispondere al poke significa restituire la preghiera.

Alla fine dei conti, DeoSpace (che conta dopo due giorni 1.250 utenti iscritti) è un sito simpatico per quanto riguarda le intenzioni, ma confuso nelle modalità d'uso. La sua più grande pecca è la grafica, davvero antiquata e, se ci è permesso dirlo, proprio brutta. Nel comunicato stampa sul sito del Pccs viene detto che "future edizioni di DeoSpace offriranno caratteristiche più all'avanguardia". Ma visto il risultato attuale, non era meglio aspettare un altro po' per poter lanciare un prodotto migliore e più fruibile?

mercoledì 19 marzo 2014

Un anno di Francesco, "superman" dell'anima


È passato un anno da quando Jorge Mario Bergoglio è stato eletto al soglio pontificio con il nome di Francesco. Giunto subito dopo un avvenimento storico quale la rinuncia al papato da parte di Benedetto XVI, papa Francesco ha saputo risollevare le sorti di una Chiesa smarrita, che davanti a quella poltrona vuota si era sentita come un bambino abbandonato dal padre, in compagnia solo di tanti punti interrogativi. Lo ha fatto con un caldo abbraccio, tipico delle persone venute «quasi dalla fine del mondo». Un abbraccio che è stato sentito in tutti gli angoli della terra, anche da coloro che non credono ma che hanno riconosciuto in Francesco un’autorità morale da rispettare e di cui prendere in considerazione i messaggi.

In pochi mesi, infatti, il papa argentino è diventato un vero e proprio “supereroe dell’anima”. Dichiarato “uomo dell’anno” dal settimanale Time, è stato anche il primo Pontefice della storia a essere messo in copertina da Rolling Stone, altro periodico famosissimo che però si occupa di argomenti tutt’altro che inerenti alla religione. Ciò che ha colpito fin da subito, e a cui i media hanno subito dato risalto, sono stati i suoi gesti e le sue frasi poco convenzionali, talvolta imprevedibili, a cominciare da quel «Buonasera», detto alla sua prima apparizione dal balcone papale, al «Come vorrei una Chiesa povera, per i poveri», e al «Chi sono io per giudicare» rispondendo a chi gli chiedeva provocatoriamente un’opinione sugli omosessuali. E come dimenticare il bagno di folla a Rio de Janeiro, per le Giornate mondiali della gioventù: una folla che Francesco non ha rifiutato, aprendo il finestrino della sua auto, stringendo mani e accettando abbracci, mandando letteralmente nel panico gli addetti alla sicurezza. La valigetta nera, unico bagaglio con cui è partito verso Rio, è diventata simbolo della frugalità di questo papa, tanto da essere raffigurata con lui in un murales che qualche settimana fa è apparso a Roma e che rappresentava il papa come novello superman.

Ma nonostante l’affetto e le attribuzioni di stima provenienti da tutto il mondo, papa Bergoglio non ci sta a farsi ghettizzare in definizioni ideologiche o mitizzazioni, come ha dichiarato lo scorso 5 marzo in un’intervista al Corriere della sera. Dopo l’entusiasmo iniziale, infatti, si iniziano a vedere i frutti dei suoi primi cambiamenti all’interno dell’organigramma della Chiesa (commissione sullo Ior in primis) e si inizia a fare attenzione al suo messaggio pastorale: «All’inizio dell’elezione c’è stata un’esplosione di attenzione rispetto a quello che faceva papa Francesco un po’ troppo calcata su tutto ciò che riguardava i gesti esteriori, su come portava le scarpe o cosa indossava, piuttosto che sui contenuti», dice Angela Ambrogetti, vaticanista e direttrice del portale online Korazym.org. «L’intervista al Corriere della Sera è stata importante anche per questo: dalla “franceschite”, da questa passione come se il papa fosse una star, di cui egli stesso non è contento, stiamo finalmente passando a una attenzione a ciò che dice, che in realtà è molto diverso da ciò che volevano far credere che dicesse. All’inizio, parlando della croce d’argento e delle scarpe nere si voleva far passare l’immagine di un papa progressista e pauperista, che chissà quali rivoluzioni sensazionali avrebbe dovuto portare. Invece, andando avanti nel suo pontificato abbiamo visto che in realtà papa Francesco è molto legato al magistero della Chiesa ed è più tradizionale di quanto si voglia far credere». Anche per la Ambrogetti la rivoluzione di papa Francesco sta nel suo modo di comunicare: «La vera novità è rappresentata dal suo carattere argentino, al quale l’Occidente è poco abituato. Ma c’è il rischio che l’eccessiva attenzione dei media sui dettagli possa avere un effetto boomerang, perché si perde il vero significato delle parole del papa. In poche parole, si rischia di dare attenzione alla cornice e non al quadro».


Un’importanza grandissima per questo anno di pontificato e per la diffusione dei messaggi del papa l’hanno avuta anche i nuovi media e soprattutto i social network. Già papa Benedetto XVI aveva aperto un profilo Twitter, che però aveva suscitato molte perplessità per il numero di insulti e bestemmie che seguivano ogni suo messaggio. Una situazione che sembra migliorata con l’arrivo di papa Francesco: durante questo anno, i profili Twitter legati a lui (i @Pontifex sono nove, in diverse lingue tra cui il latino e l’arabo) hanno raggiunto gli 11 milioni di followers. «I nuovi media hanno inciso moltissimo durante questo anno di pontificato, soprattutto i social. Papa Francesco ha questa tecnica di parlare per slogan e quindi è molto più facile che essi vengano ripresi nei 140 caratteri di Twitter, su Facebook e nei lanci di agenzia. Di contro, è più difficile far passare il concetto teologico e filosofico più complesso».